Gauss e l’amore

CONTINUAZIONE DEL TESTO “PIOGGIA PRIVATA” di Chiara Coppo, reperibile qui.

Stefano aveva inutilmente cercato di disegnare le radici complesse sul piano di Gauss, ma la matematica sembrava avergli voltato le spalle. Era mai possibile che non riuscisse a risolvere un’equazione facile come quella?
“E’ tutta colpa di Michele” pensò, il tutum insistente del cuore nelle orecchie.
Michele. Il ragazzo senza capelli né peli sulla lingua. Il ragazzo che era in grado di complicare qualsiasi cosa, persino un concetto facile come l’entalpia o i numeri immaginari.

Si erano incontrati il primo giorno del primo anno di liceo, quando aveva rischiato di perdersi tra i corridoi della scuola ed arrivare in ritardo alla sua prima lezione. Ricordava ancora quella spiacevole sensazione allo stomaco che gli sussurrava: “Ecco amico, ci risiamo. Sarai di nuovo solo, in una scuola diversa, senza nessuno con cui parlare dell’ultima canzone del tuo cantautore preferito. Torna a casa, ragazzo mio”.
Stefano si era messo una mano sul diaframma per cercare di soffocare quel bisbiglio velenoso.
I ricci di Michele erano spuntati in quel momento.
Stava parlando animatamente con una ragazza più grande, – “Com’è carina” aveva pensato di sfuggita – ma si accorse di lui. Gli chiese dove doveva andare e lo aiutò senza esitazioni. Stefano si accorse che il ragazzo si era scritto sul polso la frase che qualche anno dopo si sarebbe tatuato permanente.
“Michele. – gli sentì dire prima di entrare in classe – Mi chiamo Michele”.
Stefano si era presentato con la sua solita voce pacata: aveva sentito La Stretta e sapeva che combatterla sarebbe stato inutile.

Poi la scuola era cominciata.
Stefano aveva raggiunto incredibili risultati nell’ambito scientifico.
Michele si era rivelato pessimo in qualsiasi cosa comprendesse dei numeri. O anche delle parole.
La vicepreside aveva caldamente consigliato che Stefano diventasse il tutor di Michele.
Stefano aveva imparato a conoscere La Stretta allo stomaco e gli aveva addirittura dato un nome: Angelica.

Stefano si strofinò gli occhi, rinunciando definitivamente all’esercizio: era impensabile studiare con una tale confusione tra i pensieri.
“Forse il coglione sono io” disse mentre si alzava dalla scrivania.

L’indomani avrebbe parlato a Michele dei suoi genitori.

“Ama e ridi
se amor risponde”

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